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Aggiornamento accoglienza ucraini

Era la notte tra il 23 ed il 24 febbraio 2022 quando la Russia annunciava l’inizio di una vasta operazione militare in Ucraina. Il conflitto militare si è rivelato da subito violentissimo e molto esteso e oggi la situazione è in continua evoluzione. Secondo le stime delle organizzazioni delle Nazioni Unite (aggiornate al 26 aprile 2022) attualmente si contano oltre 15 milioni e 700 mila persone che necessitano di assistenza umanitaria. Oltre alle migliaia di vittime, 5.5 milioni di rifugiati nei paesi confinanti (fonte UNHCR e IOM, 1 maggio 2022) e in altri paesi europei, tra cui l’Italia. Secondo una nota del Viminale, al 1° maggio 2022 erano 105.417 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina arrivate in Italia. Di queste circa 55mila donne e oltre 37mila minori.

Fotocredits – Caritas Internationalis

Cosa ha fatto Caritas italiana e Caritas diocesana veronese in questi primi quattro mesi di conflitto? Ne abbiamo parlato con Marco Zampese, direttore della cooperativa Il Samaritano di Caritas Verona, da settimane pronta e operativa nell’ambito accoglienza sul territorio di città e provincia.

«Caritas Italiana è in costante dialogo con le Caritas in Ucraina ed in coordinamento con la

rete internazionale per garantire l’operatività e rispondere ai continui bisogni della

popolazione locale. Ad oggi, a livello europeo sono stati lanciati programmi di emergenza, come l’Emergency Appeal – EA, di medio e lungo periodo in risposta alla crisi umanitaria coordinati dalle Caritas nazionali con Caritas Internationalis in Ucraina (Caritas Ucraina e Caritas Spes), Moldavia, Polonia, Romania e Rep. Ceca. Sono già attive altre Caritas nazionali che lanceranno a breve nuovi programmi di intervento in Slovacchia e Ungheria. In altri paesi limitrofi, interessati principalmente dal flusso migratorio che la crisi in Ucraina ha generato, altre Caritas nazionali e diocesane si sono attivate per garantire accoglienza e protezione in Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Georgia, Montenegro, Turchia».

Inizialmente Caritas Verona ha scelto di non inviare materiale ma solo fondi in denaro…

«La nostra Caritas diocesana ha seguito le indicazioni date da Caritas italiana, che fin da subito si è agganciata alle Caritas che operano nella zona del conflitto e precisamente con Caritas Ucraina e Caritas Spes ubicate nel territorio ucraino, per i bisogni delle popolazioni colpite e poi alle Caritas dei paesi limitrofi che hanno accolto e sostenuto i profughi che uscivano dal paese. La scelta è stata dovuta dal fatto che la gestione, sia logistica sia di personale che smistasse i beni donati, era una difficoltà aggiuntiva. Per questo Caritas diocesana ha aderito alla raccolta fondi di denaro che è stato poi inviato a Caritas Italiana che ha provveduto a sua volta ad inviare alle Caritas coinvolte».

Dopo un inizio allarmante, il numero degli arrivi di profughi in Italia è calato. Come mai?

Fotocredits – Caritas Internationalis

«Subito sono arrivati ucraini che avevano già dei contatti sul territorio, come parenti o amici. E la solidarietà si è subito mossa in maniera massiccia con moltissime famiglie, anche a Verona, che spontaneamente si sono rese disponibili ad accogliere persone che arrivavano. All’inizio sono state accolte nelle case, alle volte in maniera un po’ precaria, sulla spinta emotiva di solidarietà e perché si sperava che la guerra sarebbe finita presto. Poi gli arrivi sono diminuiti sia perché le persone si sono fermate in paesi più vicini all’Ucraina, sia perché in molti sperano ancora di poter tornare a vivere nel loro paese in pace. Ma la situazione è in continuo sviluppo».

E voi come Caritas come avete affrontato questa situazione d’emergenza?

«Abbiamo sostenuto ed aiutato i territori, famiglie, associazioni, parrocchie che, alle volte anche con il sostengo dei comuni, hanno accolto alcune persone. Dopo i primi mesi si è capito che questo confitto non avrebbe avuto una soluzione immediata ed il livello di distruzione che sta portando nel paese avrebbe difficilmente concesso un veloce ritorno alle persone sfollate. Per questo si è iniziato a pensare di strutturare delle accoglienze in accordo con gli enti pubblici che potessero garantire una professionalità nell’accoglienza ed una continuità nel tempo. Così sia la prefettura che la protezione civile nazionale hanno attivato delle procedure per attivare delle accoglienze».

Quanti posti avete a disposizione?

«Ci sono 86 posti di accoglienza in appartamenti sparsi per la provincia grazie alla generosa disponibilità di diverse famiglie che hanno messo a disposizione i loro appartamenti. Ad oggi la procedura amministrativa per l’attivazione di queste accoglienze sta per concludersi e quindi riteniamo che nei prossimi giorni potranno partire. Stiamo parlando di accoglienze strutturate per circa 12 mesi, per cui l’accoglienza coinvolgerà le comunità in cui questi appartamenti sono inseriti e consentirà alle persone accolte di integrarsi».

Insomma, una rete importante dietro a tutte queste accoglienze, con Caritas alla cabina di regia…

«Siamo stati e siamo tuttora presenti. Come Caritas stiamo sostenendo tutte le realtà di accoglienza, attraverso gli Empori della solidarietà sparsi per tutta la provincia, con consulenze specifiche rispetto alle problematiche portate e accompagnando le realtà che hanno accolto. È stato il sostenere una rete di solidarietà sui territori che ha consentito alle comunità di farsi vicine e prendersi carico queste nuove fragilità».

E le difficoltà maggiori quali sono?

«Di sicuro il grande grado di incertezza che questo tipo di accoglienza comporta. Ad oggi si è preparata una macchina pronta ad accogliere varie persone ma non sappiamo ancora quale sia il reale bisogno. Non sappiamo ancora quante persone arriveranno e quale tipologia di bisogni avranno. Quello che si prospetta sarà una strutturazione, accompagnamento e sistemazione di chi è già presente sul territorio ed è in difficoltà visto il protrarsi del tempo, aspettando eventuali nuovi arrivi di cui non conosciamo tempi e modalità».

Prossimi passi?

«Accoglienza, ma anche sostegno e integrazione di chi è già sul territorio. Poi ovviamente l’attenzione sarà all’evoluzione del conflitto. Ad oggi molte persone sono ancora in attesa nei campi allestiti nei paesi limitrofi all’Ucraina, alcuni cercano di rientrare in patria. Vediamo cosa succederà e di conseguenza siamo pronti per i bisogni che arriveranno, sempre però con la modalità di Caritas e cioè di coinvolgere le comunità, associazioni, enti pubblici del territorio perché, come dice Papa Francesco “ci si salva solo tutti insieme” ed ognuno può fare la sua parte».

E la città di Verona, dopo l’entusiasmo iniziale, come sta rispondendo?

«Sono calate le raccolte fondi e di materiali, ma le persone rimangono attente e disponibili alle esigenze de popolo ucraino. È forse cambiato un po’ il modo di aiutare, perché adesso ci si interessa di più alle persone che sono qui accolte, per fornire direttamente a loro, o alle associazioni che le seguono, aiuti materiali, disponibilità di volontariato e in alcuni casi anche disponibilità di posti di lavoro».

Ancora una volta una Verona solidale che non ha fatto mancare il suo appoggio anche davanti  a questo conflitto…

«Verona ha risposto, come sempre in queste situazioni, con grande generosità e disponibilità. Tantissime sono state le persone che hanno messo a disposizione fondi, materiale, ore di volontariato, beni di prima necessità. Quindi le persone accolte hanno trovato sostegno ed accompagnamento: basti pensare ai bambini inseriti nelle scuole, alle proposte di lavoro che hanno consentito agli adulti di concretizzare un alloggio più autonomo. Ora restiamo sul pezzo perché il bisogno è ancora tanto».