Il Samaritano: una torre di Babele ricca di progetti per migranti
In questi giorni, le accoglienze dei profughi sono tornate alla ribalta dei media nazionali, a causa di tristi episodi che ogni anno avvengono più o meno sottotraccia. Non ultimi l’enorme disgrazia di Crotone e i quattro naufragi di qualche giorno fa registrati tra Libia, Tunisia e Spagna che hanno fatto registrare 146 morti e migranti ancora dispersi. I progetti di accoglienza continuano e aumentano a seconda delle esigenze, con progetti nuovi e storie di vita che fanno riflettere. Ne abbiamo parlato con Gianni Tomelleri, coordinatore del servizio richiedenti asilo e rifugiati di Caritas Verona.
«Sono molti i nuovi progetti di accoglienza strutturati come Caritas e che ci permettono di coinvolgere anche moltissime parrocchie e volontari sul territorio. Sono stati, infatti, attivati Corridoi umanitari con campi profughi in Etiopia, Giordania, Niger e Pakistan, ma anche Corridoi universitari, progetti dedicati ad afghani e ucraini, progetti di post accoglienza per aiutare al reintegro nella società e, ultimamente, ci stiamo dedicando anche al fenomeno in aumento dei minori stranieri non accompagnati».
Caritas da anni è impegnata in questo ambito di accoglienza profughi…
«Da ormai otto anni il nostro servizio si occupa di persone migranti. Con alcuni obiettivi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare queste persone. L’altro obiettivo, non secondario, ma di uguale importanza, è quello di aiutare le comunità della nostra diocesi a vivere l’esperienza dell’accoglienza e maturare l’atteggiamento e la volontà di aprire le proprie porte a persone che hanno bisogno di essere integrate. Per questo si spiegano gli oltre venticinque appartamenti sul territorio per l’accoglienza diffusa di migranti gestiti da noi o in collaborazione con altre associazioni, nella maggior parte dei quali ci sono parrocchie alle spalle, volontari e comunità che seguono e supportano i progetti».
E l’emergenza Ucraina?
«C’è ancora bisogno. Oggi ci sono persone che sono arrivate un anno fa in Italia, magari a casa di parenti o amici, e che oggi vengono a bussare alla nostra porta perché hanno bisogno di accoglienza. Tante sono donne sole, mamme con bambini, famiglie e come Caritas Verona abbiamo sei abitazioni oggi dedicate a loro, tra cui un pope, cioè un parroco della chiesa greco-ortodossa ucraina, con moglie e figli, accolti nella parrocchia di Marzana. Si tratta perlopiù di progetti in accordo con Caritas italiana e promossi dalla Protezione Civile».
Uno dei progetti più significativi a livello nazionale è invece quello dei corridoi umanitari. Anche Verona è coinvolta?
«Eccome, stiamo aspettando proprio in questi giorni il settimo gruppo di arrivi, dopo i sei già accolti dal 2018 ad oggi. L’ultima ad essere accolta è stata qualche settimana fa una famiglia afghana con quattro bambini, la cui storia ha dell’incredibile. Il papà era un ingegnere idraulico che lavorava in Afghanistan per una azienda italiana. All’arrivo dei talebani è stato costretto a nascondersi, ma la ditta per cui lavorava, la veronese Technital, ci ha contattati chiedendoci aiuto. A quel punto si è attivata la macchina Caritas e oggi l’intera famiglia è accolta a Cerro Veronese, i bambini dai 4 ai 12 anni sono già inseriti nelle scuole e presto il padre tornerà a fare il proprio lavoro proprio in quell’azienda, ma stavolta qui a Verona».
E chi arriverà nei prossimi giorni?
«Una studentessa universitaria che continuerà i propri studi magistrali all’ateneo di Padova, insieme alla figlia e alla suocera. Un corridoio universitario e umanitario insieme. A proposito di università, a settembre abbiamo accolto Divine (vedi foto), proveniente dalla Repubblica democratica del Congo da dove è fuggita quando era piccola a causa della guerra nel nord del paese. In Italia ha beneficiato di una borsa di studio e dell’accoglienza materiale messe a disposizione dall’Università e di un supporto all’inserimento, all’integrazione e alla sua maternità da parte di Caritas Verona insieme alla Diaconia Valdese».
E sappiamo che avete anche progetti di post accoglienza…
«Nel Comune di Fumane già da qualche anno è attiva la rete Sai (sistema accoglienza integrazione), con dodici posti in due appartamenti, dove la parrocchia con grande generosità ha trovato altre due abitazioni per continuare il processo di integrazione anche per le persone che hanno terminato i progetti con noi. E altre comunità si stanno adoperando per aiutare alcuni ospiti usciti dai progetti, come a Santa Teresa, Santa Lucia Extra, Valeggio sul Mincio».
Caritas lavora sulle emergenze. Novità da Turchia e Siria dopo il terremoto?
«Stiamo parlando di terre già martoriate anche dalla guerra. Caritas italiana stava già lavorando su un nuovo corridoio umanitario, ma ora è tutto bloccato. Stiamo aspettando indicazioni anche noi».
Sa già la nazionalità di chi busserà alla porta di Caritas domani?
«Difficile dirlo: afghani, ucraini, pakistani, bengalesi, popoli dell’Africa subsahariana, egiziani, maghrebini sono le popolazioni più rappresentate oggi. Gli ultimi arrivi sono una famiglia ivoriana accolta nella parrocchia di Castelletto di Soave. I flussi sono continui e noi abbiamo le strutture e soprattutto i cuori sempre pronti all’accoglienza».
Francesco Oliboni